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Teatro e Didattica 

il nostro pensiero

La nostra proposta è quella di un laboratorio teatrale a scuola come spazio potenziale e generativo di stimoli educativi altri. Gli incontri hanno l’obiettivo di offrire spunti riflessivi e progettuali a quanti abitano il mondo della scuola e intercettano come significativi i linguaggi artistico-performativi.

Educare all’arte, lavorare sulla fantasia e sull’espressione del sé sono punti fondamentali per la crescita di un individuo  all’interno della società. Questo non significa, obbligatoriamente, farne  un artista, ma, semplicemente, offrirgli la possibilità di intraprendere qualunque strada con originalità e armonia dandogli  la possibilità di immaginare qualcosa di più.

Pensiamo  il laboratorio come a quel  contesto in cui si impara facendo, dove  si può sperimentare la sinergia dei sensi, la collaborazione dei linguaggi,  l’estemporaneità in cui è sempre presente  una parte di improvvisazione, in cui si impara facendo gli attori, cioè agendo in prima persona, ma anche gli spettatori, cioè guardando gli altri agire, parlando e anche ascoltando,  essendo attivi, presenti con la mente, ma anche con il cuore e con la pancia: formazione all’ascolto e alla presenza, che non può prescindere da un’educazione che per comprendere e per rielaborare l’esperienza ha bisogno di agire.

 

L’obiettivo principe dei nostri laboratori è quello di utilizzare l’educazione alla teatralità per favorire le competenze emotive e culturali dell'alunno.

Il termine “educazione alla teatralità” deve essere dilatato e posto come concetto che considera tutte le arti espressive e tutti i linguaggi artistici come possibili veicoli per lo sviluppo della consapevolezza del sé e della propria capacità relazionale e comunicativa.

In questo senso, l’Arte e le Arti sono concepite come veicoli per la formazione della persona, ovvero l’azione espressiva della persona diventa  un processo di auto-pedagoiga e di sviluppo del proprio agire creativo. Ma è realmente possibile affrontare un percorso del genere all’interno delle ore curricolari, con classi di 30 alunni, dove sono sicuramente presenti  bambini con bisogni educativi speciali?

 

Della possibilità ne discuteremo, ma della necessità ne siamo certi: “Le scoperte degli psicologi dell’età evolutiva come Stern sono confermate dagli sviluppi più recenti della psicobiologia in rapporto all’azione della mente sul corpo e all’importanza dell’emozione nell’apprendimento.

Sta diventando sempre più chiaro che lo sviluppo della cognizione non è separato dal processo di organizzazione dell’esperienza sociale, ma è di fatto profondamente radicato in esso. Trevarthen (2006) osserva che durante i primi  contatti sociali, la concentrazione corporea, caratterizzata da qualche allineamento di volto, mani e tronco,  e l’esperienza dell’emozione sfociano in uno stato di pensiero. Agevolare la “connettività sociale”, pertanto, è molto più che consentire semplicemente la comunicazione, dal momento che incrementa il senso dell’azione, il senso del sé, la capacità di distinguere, di fare collegamenti e di riflettere sull’esperienza.

Questo è ancor più vero per quei bambini con problematiche varie, fino ad arrivare all’autismo, dove è possibile che siano in primo luogo i problemi di percezione ed elaborazione sensoriale a rendere l’individuo non disponibile. Esperienze relazionali “delicate” dovrebbero essere in grado di calmare il sistema di elaborazione sensoriale di questi bambini , e allo stesso tempo di smuoverli  un po’.”  Carmel Conn Laboratorio teatro per bambini con lo spettro autistico- Erikson

IL RUOLO DEL TEATRO A SCUOLA

Il progetto "T&D – Teatro e Didattica” nasce da un'analisi dei bisogni emergenti oggi, sia dalla società nella sua evoluzione storica, sia dalla stessa pratica educativo - didattica del sistema scuola. La scuola oggi si sente più che mai chiamata a rendere operante il dettato dell'art.3 della Costituzione della Repubblica Italiana dove si afferma la pari dignità sociale di tutti i cittadini e la loro eguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Nello stesso articolo, si sottolinea che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. La scuola come agenzia educativa trova difficoltà a "rimuovere" quegli ostacoli che impediscono di realizzare pienamente il diritto all'istruzione sancito dal dettato costituzionale. Le cause che nella pratica educativa impediscono di realizzare pienamente gli obiettivi di sviluppo formativo, umano e sociale del discente, sono molteplici. Un'analisi del fenomeno generazionale, oggi, ci permette di rilevare tra le nuove generazioni senso di insicurezza, disorientamento, incertezza, perdita di identità e di ideali, indebolimento del sentimento di solidarietà e della memoria storica. Si è d'accordo, fra i sociologi e gli psicologi, che il disagio giovanile possa considerarsi come l'humus esistenziale che genera spesso comportamenti devianti, antisociali, di rottura con le norme e le regole del vivere civile in una società democratica. Si crede, a ragione, che esista una sinergia di fattori tra loro interattivi, di natura sociale, psicologica, culturale, emotiva, che determinano negli adolescenti e nei pre-adolescenti un malessere esistenziale che si manifesta principalmente come "disagio", incapacità di comunicare, di integrarsi nel tessuto sociale. Ciò è causa di comportamenti aggressivi, spesso autodistruttivi, di rinuncia alla vita. Tutta questa varietà di comportamenti "devianti" viene generalmente indicata nella scuola con il termine generico "disagio"  contro il quale si è chiamati  a lottare, spesso con strumenti inadeguati. Qualsiasi ipotesi di prevenzione e/o di intervento formativo della scuola implica la conoscenza "scientifica" del fenomeno del disagio non solo nei suoi aspetti "empirici", cioè visibili, ma anche nella sfera degli elementi "simbolici": emotivi, dossologici, "ideologici".

Una parte dei giovani che soffrono del "disagio" vive il presente con un sentimento vivo di "consumare" la vita per soddisfare il "bisogno" di apparire, di sentirsi qualcuno, di colmare il vuoto della solitudine e dell'insicurezza. Questa si associa quasi sempre ad una perdita di identità e di idealità. La morte delle "ideologie", come "utopie benefiche" ha acuito nei giovani la solitudine individuale frantumando le possibili forme di aggregazione come pratica di comunicazione emotiva, sociale e culturale. Inoltre, la perdita di identità e di "affettività" nella comunicazione interpersonale si lega anche ad un processo di omologazione culturale, principalmente basato su stereotipi, su ciò che molti anni fa Roland Barthes definiva "miti d'oggi".

L'immersione, oggi, nell'universo multimediale, è caratterizzata da forme di linguaggi manipolati per scopi strumentali. L'immagine, viene assimilata dall'adolescente come "significante" acritico ed essa diventa "reale" nel suo pensiero. La manipolazione dei linguaggi genera, specialmente nei soggetti in fase di sviluppo, disorientamento e incertezza nel comprendere i significati del mondo reale e nel saper discernere i confini tra il sogno e la realtà. L'adolescente, quando ciò accade, vive una sorta di dimensione osmotica tra il sogno e la realtà, in uno status appunto "subliminale" che disorienta l'individuo. Diventa difficile, così, capire e distinguere i significati della "fiction" da quelli legati al mondo reale.

Questa discrasia nei processi di decodifica genera anche una carenza emotiva nella percezione dell'evento reale. Si diventa insensibili di fronte al dolore, alla morte. Si fa fatica a distinguere il “virtuale” dal reale. Anche il linguaggio diventa omologato, stereotipato, privo di "combinatorietà" divergente, ed è molto più facile relazionarsi con gli altri tramite un messaggio che faccia a faccia.

 

Gli obiettivi formativI 

Da questa analisi emergono una serie di "bisogni" formativi che la scuola di ogni ordine e grado, come agenzia educativa, pubblica, dovrebbe garantire. I "bisogni" formativi appaiono di natura diversa dai bisogni comunicativi e cognitivi, e da quelli metacognitivi, dinamico-relazionali e di socializzazione. Fra gli obiettivi "trasversali", interdisciplinari che la scuola dovrebbe con urgenza perseguire attraverso gli insegnamenti disciplinari appaiono prioritari rispetto ad altri:

    - saper comunicare a livello dinamico-relazionale con i simili e gli adulti.

    Si intende il livello di comunicazione interpersonale fra soggetti diversi negli aspetti psicologici, sociali, culturali, emotivi.

    - riacquistare identità, coscienza del proprio ruolo nel gruppo.

    Ciò implica sviluppo dell'io nel rapporto relazionale con la realtà.

   - sentirsi "persona" con i propri pensieri, sentimenti, emozioni, cultura, visione del mondo.

   

Riacquistare la coscienza della propria dimensione emozionale è prerogativa essenziale per sviluppare la consapevolezza del valore della persona e della    solidarietà:

  - stimolare all'idealità come attitudine al fare e proiezione all'aggregazione contro l'individualismo e la solitudine esistenziale.

  - acquistare fiducia nei confronti degli altri e della realtà.

  - educare all'autonomia, alle libere scelte individuali in uno spazio di sana convivenza democratica.

La scuola, oggi, incontra difficoltà, nell'ottica della continuità, a realizzare didatticamente le strategie comunicative, cognitive, metacognitive e dinamico-relazionali adatte a perseguire concretamente i suddetti obiettivi interdisciplinari. Un "tempo" formativo come nuove modalità di apprendimento appare inderogabile nell'ottica dell'innovazione della pratica educativo - didattica. Il progetto pedagogico dovrebbe caratterizzarsi come "contratto" educativo con l’alunno nel suo processo di sviluppo evolutivo. Le difficoltà di inserimento e di integrazione anche dei soggetti appartenenti ad altre culture derivano in massima parte dalle carenze psico-dinamico-relazionali nelle classi. L’alunno è considerato spesso come un'entità "astratta", un modello stereotipato che deve modellarsi in funzione di una ideale immagine di perfezione, priva d'identità, di cultura, di etnia, di emozioni, sentimenti, creatività. E' spesso carente nella scuola una prossemica che tende ad avvicinare i vari soggetti interlocutori, uno spazio comunicativo adatto ad attivare forme di scambio culturale, intellettuale ed umano, di rispetto dell'altro, di collaborazione e di interattività operativa. I modelli nozionistici, ancora operanti nelle diverse realtà scolastiche, risultano non idonei ad attivare veri processi di apprendimento formativo. L'apprendimento, in accordo con la ricerca contemporanea nell'ambito delle  neuroscienze, si caratterizza come processo interattivo dei diversi sistemi "simbolici": da quelli comunicativi, verbali e non verbali a quelli percettivi-sensoriali, emotivi, sinestetici. Ciò che attiva i processi di "simbolizzazione" come codifica, categorizzazione nei siti della memoria "profonda", è proprio l'emotività, come partecipazione empatica, emozionale, estetica del soggetto. La scuola, in massima parte, appare ancora impreparata a realizzare nella didattica operativa delle discipline quelle strategie "interdisciplinari" che a livello interattivo dovrebbero stimolare ad un processo di sviluppo formativo dell’alunno. Il processo educativo - formativo dovrebbe opporsi a quella linea di tendenza di omologazione culturale operante nel sociale, potenziando nel ragazzo sia le sue capacità critiche sia la sua creatività.

Il Teatro, strumento formativo.

Un nuovo modello pedagogico tendente a sviluppare una serie interattiva di competenze e di abilità necessarie per una vera formazione del discente, dovrebbe inglobare strumenti e tecnologie, visuali e multimediali, più consoni alla realtà comunicativa nella quale il discente è immerso. Il Teatro come forma interattiva di linguaggi diversi: verbale, non verbale, mimico, gestuale, prossemico, prosodico, iconico, musicale, ecc.. in sintesi linguaggio "multilettale", si configura come prezioso strumento formativo, multidisciplinare e interdisciplinare, insostituibile come strumento di attivazione simbolico - semiotica, emotiva, dinamico-relazionale, culturale ed interculturale del discente. L'idea di teatro didattico non si riferisce solamente al momento finale della rappresentazione, ma anche e soprattutto all'iter dei processi che conducono alle forme rappresentative della realtà. Teatro inteso come ogni possibile forma espressiva che tende a rappresentare la realtà e i suoi diversi linguaggi (poetico, narrativo, musicale, pittorico, corporeo ecc..), la storia, il presente, il passato, il futuro, il sogno, la fantasia, l'immaginazione. In quest'ottica il teatro diventa strumento pedagogico trasversale a tutti i linguaggi e le discipline curriculari dei modelli scolastici organizzativi.

Fare Teatro a scuola significa realizzare una concreta "metodologia" interdisciplinare che attiva i processi simbolici degli alunni e potenzia e sviluppa la molteplicità interattiva delle competenze e delle abilità connesse sia con la comunicazione "globale" sia con il pensiero. Inoltre il teatro, come approccio ermeneutico ai significati testuali, è di aiuto a tutti gli apprendimenti disciplinari. La poesia, la storia, la letteratura, la fisica, la filosofia, la matematica possono diventare segni e significati teatrali. Ancora, il teatro, rispetto alle altre forme artistiche, come il cinema, possiede una sua tipicità che lo distingue. La comunicazione scenica, come interattività tra la rappresentazione e l'audience si connota come tipica esperienza sociale. Chi recita a teatro non è solo l'attore, ma anche lo spettatore che "vive" l'esperienza della rappresentazione non come artifizio, ma come realtà, vita reale.

In questo senso il valore pedagogico del teatro va al di là delle stesse forme comunicative che lo producono. Inoltre l'uso di linguaggi diversi nella rappresentazione teatrale attiva il pensiero metaforico che permette di decodificare la realtà nei suoi aspetti più profondi. Il teatro, come immagine poliedrica della realtà educa al relativismo delle verità stabilite.

La "ritestualizzazione" intesa  sia come decodifica personale sia come produzione individuale di significati scenici, si configura come processo analogico-rielaborativo, tipico del pensiero divergente.

Un ulteriore aspetto pedagogico del teatro consiste nel rappresentare i sistemi di vita e i "valori" delle culture diverse dalla nostra. Rappresentare in forma scenica le culture significa, non solo conoscere profondamente la cultura che si intende rappresentare, ma anche attivare forme rielaborative interculturali. Il teatro può rappresentare non solo i tratti "visibili" delle culture, ma anche quelli non immediatamente percepibili come i miti, le credenze, il senso comune, la visione del mondo. In quest'ottica fare teatro significa "ricreare" significati culturali non solo tramite le parole, ma anche attraverso la mimica, il gesto, la prossemica, la cinesica, la prosodica, l'ironia, e la stessa dimensione di spazio-tempo.

Nella nostra realtà sociale ed europea nella quale emergono sempre più fenomeni di intolleranza, di razzismo, di violenza xenofoba conoscere e rappresentare il diverso come sistema di vita e di "valori" appare fondamentale in un modello pedagogico multiculturale. Una vera integrazione multiculturale come è prevista dal trattato Mastricht, dovrebbe avvenire nel rispetto della diversità culturale e linguistica. Quindi, a livello pedagogico, appare insostituibile il mezzo teatrale, anche in lingua, per educare al rispetto e alla tolleranza della diversità. Un teatro interculturale, quindi, a scopi didattici  non solo per fare conoscere le lingue e le culture diverse dalla nostra, ma anche per educare alla collaborazione, alla solidarietà, all'integrazione nella diversità.

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